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26/11/2007

Il mercato del lavoro

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E' lunedì, in giro c'è nebbia, anche fitta per altro. Il freddo è quello che è, giustamente, e tocca andare a lavoro. E, dato il periodo nel quale viviamo, si può dire che posso ritenermi fortunato vista la non brillante condizione di salute del mercato di lavoro italiano.  Ed è proprio di questo che si discute nelle frenetiche riunioni che si svolgono a Palazzo Chigi: il mondo del lavoro ed in genere il Welfare.  L'accordo si raggiunge, non si raggiunge, ce la facciamo, non ce la facciamo...il solito bailamme.

Già nel 2001 io e altri migliaia di "sfigati estremisti" gridavamo che  la precarietà era un qualcosa di profodamente maligno, che la globalizzazione così come è stata portata avanti da molti, tra cui anche quello italiano, governi neo-liberisti non poteva che creare inevitabili fratture nel tessuto sociale che si sarebbero sicuramente rilfesse in ogni ambito della vitadi ognuno. Ma eravamo estremisti e pessimisti. Bene. La realtà mi pare palese agli occhi di ognuno. Leggevo tempo fa su Repubblica un'intervista a Massimo D'Alema nella quale l'inquilino della farnesina spiegava come per poter reggere all'impatto della flessibilità del mercato del lavoro bisognava che fosse preparare la società italiana ad essere flessibile essa stessa. Non poteva trovarmi più d'accordo. 

Infatti la flessibilità funziona bene in altre realtà europee e mondiali, dove è flessibilità e dove comunque rimane uno strumento utilizzato solamente quale chiave d'accesso al mercato del lavoro ed è tutelato da una serie di diritti comuni quale sanità, ferie, ammortizzatori, pensione...i Welfare in fin dei conti.

Qui la flessibilità non viene utilizzato come uno strumento in grado di formare la futura cittadinanza, ma viene utilizzato quale strumento di aggiramento delle tutele poste a favore del lavoratore, in altre parole la precarietà.

Ma facciamo due conti rapidi e sommari:

- Le imprese: da quando è in atto la globalizzazione hanno cominciato ad esternalizzare la mano d'opera in paesi dove la paga oraria è ridicola, dove non vi sono dei vincoli ambientali per le emissioni e per gli scarichi, dove i diritti riconosciuti ad un operaio sono ridotti al lumicino. In termini tecnici è la delocalizzazione.

- I lavoratori: preso atto di quanto sopra possiamo ben comprendere come l'Italia sia passata dall'essere un paese industriale e di operai ad essere un paese a prevalente terziario e di impiegati. A seguito di questo cambiamento radicale non è seguita una politica di rimodulazione della società. Dunque la società ha dovuto assorbire questo impatto senza che fosse assolutamente preparata e naturalmente ciò non ha fatto che provocare profonde lacerazioni all'interno della stessa generando odio di classe: Quindi il figlio detesterà il padre che prende la pensione mentre lui non vedrà un centesimo, il metalmeccanico detesterà l'impiegato etc. Dividi et impera soleva dire la dottrina politco militare di Roma antica.

Questo naturalmente comporta anche pesanti conseguenze nel mercato dei consumi interni naturalmente: con 800 euro al mese difficle si possa pensare a "spendere", arrivando difficilmente alla fine del mese. E dunque le aziende saranno costrette a produrre di meno per il principio domanda-offerta. Quindi i prezzi si innalzeranno e a quel punto la differenza tra noi e gli argentini sarà solamente e puramente geografica. Ma siamo ancora in tempo (bisognerebbe dasse na mossa però!!!).

Dunque ogni misura che verrà varata da oggi in poi che riguardi il mercato del lavoro dovrà essere orientata a ricuire gli strappi provocatisi negli ambiti sociali per poter così arrivare ad un mercato del lavoro che sia perfettamente in grado di rispondere alle esigenze della popolazione. 

Per tirare un po su il morale dopo questo quadretto non proprio esaltante (anche se fortemente stimolante per ritornare a mettere in campo politche dal basso così da riformulare l'agenda politica) potremmo farci una 

PASTA NOCI E RADICCHIO

tritare noci e radicchio,mettere una noce abbondante di burro nella padella,soffriggere le noci e il radicchio prima tritati aggiungere sale ed un goccino di brandy,dopodiche' aggiungere panna tenere su fuoco medio sino a fr diventare tutto una crema......per la pasta scolarla moolto al dente e ripassarla nella crema preparata...le farfalle ci stanno divinamente

p.s. grazie a gasperino er carbonaro... 

08/10/2007

BENESSUM

Pare dunque che l'autunno sia ritornato in scena. Quando parlo di autunno intendo sia quella mezza stagione che apre le porte al generale inverno, sia quella stagione che solitamente si contraddistingue per essere anche definita in ambito politico come "calda".
Quella "calda" (invito i lettori a non profondersi in sorrisi da scolarette) è appena cominciata per via delle mobilitazioni nelle fabbriche a seguito del referendum indetto dai Sidancati confederali sul tema del Protcollo Welfare (che qui allego per chi voglia informarsi protocollo_welfare.pdf ). Pare, come si legge nei diversi quotidiani, che Confindustria dica che il protocollo sia ottimo, che i sindacati confederali dicano che il protocollo sia buono e migliorabile, che il Go-governo dica che il protocollo com'è attualmente è perfezionabile ma deve essere approvato così com'è se si vuole procedere verso una ridefinizione del sistema di Stato Sociale e dulcis in fundo il Prc dichiara che il protocollo non va bene e deve essere ridiscusso. Che fare? (la domanda per antonomasia...dal 1912...)
Noi la risposta l'abbiamo. E parte da qui, dal cuore della sinistra italiana, dal luogo dove per 50 anni il PCI eleggeva Sindaci (ammicco...ammicco...ogni riferimento al sindaco dalla esse minuscola è assolutamente ricercato), dal luogo dove il PCI sparse le sue ceneri politiche per divenire PDS, poi DS, poi PD (sarà che l'evoluzione politica è inversamente proporzionale a quella dell'uomo...mah?!?): BOLOGNA .
Dunque in omaggio alla vecchia signora dai fianchi un po' molli col seno sul piano padano ed il culo sui colli

I PASSATELLI IN LINGUA rigorosamente ORIGINALE (Thanks to Phranz)

Quand l’è fradd...socmel!
Acsè canta Andrea Mingardi, icona dàl blues bulgnàis,...invezi quand l’è fradd l’è mej preparer un bel piàt ed pasatel...in bròd, l’è òvi.
Pr un bel piàt ed pasatèl serv è bròd ma brisa fàt coi dadi: serv è bròd bon (buon brodo), ed cheren (di carne) con i odor, l’os buc e compagnia cantante!
Dop ed chè tolì dagl’ ov (prendete le uova), una pr’ognun ed quî chi tafien, tolî na terina per sbater dantar î ov con un pochin ed sèl e dla nosa moscà a voster gust.
Dop ch’avî sbatò j ov con totta la roba (una volta fatto lo sbattutto d'uovo), tolî un pel pez ed forma bona. Dop c’avî grattugià la forma bsogna unî la forma co’ j ov sbatò; s’al’impast l’è trop doic (mollo) metî n’eter pò ‘d forma o dal pangratà.
Quand l’impast l’è gnù (quando l'impasto è venuto fuori) bel sòd bsogna fer dal baline e lassele un pò int e frîg.
Quand è bròd buje (quando il bordo bolle) tolî al paline da e frig, tolî l’atrazz apòsta (estrusòr) e squizè al paline con l’estrusor dantr’e brod bujent.
Quand’i pasatè j en gnù a gala j en pront.
Bon aptìt, ragazùl!