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26/02/2008

Sociologia ferroviaria

Ieri ho passato ben otto ore della mia giornata in treno. Ho visto un "botto" di gente di ogni tipo.Il bibbitaro del treno, il pendolare, la donna in carriera, i ricercatori ascimmiati con la loro materia, signore raggrinzite ma specchio di una lucida vecchiaia, migranti costretti a spostarsi di vagone perchè "non provvisti di tagliando".  Adoro il treno soprattutto per questo motivo. Adoro questo modo di viaggiare slow perchè ti permette di capire dove vai. Dal finestrino sono riuscito ad osservare due conigli che si rincorrevano, dei boschi che con la nebbia parevano veramente paesaggi spettrali come da sempre la cinematografia ce li fa vedere e non solo. Sono tornato da Londra tempo fa (...) prendendo il treno. Lo spettacolo che ti si pone davanti quando attraversi le alpi è oggettivamente mozzafiato tra cascate, boschi, fiumiciattoli, costoni rocciosi tanto che sembrava di essere stati ricacciati in un altro mondo lontano anni luce da quello metropolitano. Un altra vera dimensione. Anche che la compagnia di viaggio era frutto del meltin pot metropolitano, ma calata in quella realtà lenta assumeva un aspetto del tutto diverso da qualunqe altro possibile. Nell'ordine: una famiglia di americani di origine Kurda-iraquena, una signora franco-algerina col bambino piccolo, un mezzo tunisino mezzo tedesco col fratello in Italia e costretto a lavorare in Belgio. Dopo circa un paio d'ore di iniziale diffidenza, alla prima fermata utilmente lunga per stuccarsi una paglia si è creato un mood che non teneva conto di quelle inquietudini che in altre circostanze di trasporto veloce sorgono inevitabilmente. Se ci si pensa la stessa compagnia di persone in aereo avrebbe suscitato in chiunque umane perplessità, malpensieri e sospetti. Dunque mi sono accorto di come una mobilità compatibile con il ritmo di vita è si necessario, ma è altrettanto necessario come la stessa mobilità debba tener conto delle differenze, delle naunce durante lo spostamento di luoghi, persone, così da evitare di rendere tutto globalmente uguale e cercare di rendere il viaggio come una presa di coscienza di cosa e di dove si sta andando.

 Bagna Cauda

Ed ecco il piatto tipico per eccellenza del Piemonte. 
Antipasto e talvolta piatto unico gloria e specialità del vecchio Piemonte, simbolo delle amicizie, del focolare nelle vecchie cascine dove sarebbe nata.

Incerta è l’origine del nome: BAGNA, che in Piemonte sta per salsa o sugo... e fin qui non si scappa...; CAUDA, che sta per calda, ma che potrebbe derivare da Monsù Coda, il biellese che l’avrebbe inventata. Preferiamo la prima versione, che ci riporta alla vera tradizione agreste piemontese, poiché la Bagna Cauda si deve consumare caldissima. 

Dopo le fatiche della vendemmia e della vinificazione, vignaioli, contadini, famigliari e amici sedevano attorno al desco con al centro la "scionfetta" (stufetta alla brace) e sopra il "dianet" (recipiente di terracotta) entro il quale stava al caldo – senza mai bollire!- la "bagna", ed in cui ogni commensale intingeva ("as poncia") ogni tipo di ortaggio, soprattutto cardi di Nizza e i peperoni, poi pane o crostini.


Preparazione:

Tritare finemente l’aglio e immergerlo per 1 ora nel latte, quindi metterlo in un tegame di cotto insieme alle acciughe dissalate e diliscate a pezzetti, coprendo il tutto con olio e facendo cuocere a fuoco lento, senza che l’aglio prenda colore né l’olio bolla.

Mescolare piano e in continuazione con un cucchiaio di legno per ridurre tutto in poltiglia e lasciar cuocere, sempre lentamente, per 10 minuti circa; poi unire il burro, mescolare sempre e, dopo altri 10 minuti di lenta cottura, portare in tavola il tegame.